La ragazza del convenience store

PicsArt_09-13-01.30.03.jpgQuesto libricino (ino-ino-ino) per quanto snello e di rapida assimilazione mi ha lasciata anestetizzata, ammutolita, a tratti delusa. Raccontato in prima persona dalla protagonista Furukura Keiko, non è altro che un mini concentrato di vita della donna. Non si tratta di un bilancio delle proprie azioni comprese fra gli zero e i 36 anni, semmai è un bilancio di cose non fatte, di emozioni non provate e di apatia non curata. Lei è un ex bambina problematica che non riesce a capire il prossimo, non concepisce l’empatia né tutte quelle dinamiche sociali di tutti giorni. A diciotto anni però sembra trovare la sua dimensione, un kombini, dove grazie ad uno specifico manuale di comportamento capisce come comportarsi e finalmente riesce ad interpretare un’adulta convenzionale. Ma si tratta di pura interpretazione, perché proprio come Eleanor Oliphant si trova a spiare i piccoli gesti degli altri, cercandoli di imitare per apparire il più normale possibile. Fin qui tutto ok (più o meno) :la sua vita scorre liscia e monotona, ruotando tutt’intorno ai ritmi del mini market. Poi arriva un lui, Shiraha. Ma non quel genere di lui terapeutico e gentile di cui avrebbe bisogno, o uno psichiatra di cui avrebbe altrettanta necessità, un lui rimasto alla preistoria, che cerca una moglie bella e ricca che lo faccia risalire dal fondo su cui è arenato. Ha superato i trent’anni, non ha finito l’università e non ha fatto carriera.  Si sente un fallito e non sopporta più quelle incalzanti domande che tormentano anche Keiko: e l’università? Ma lavori ancora part-time? E non metti su famiglia? Niente convivenza ? Domande che chiunque con un’età compresa fra i 20 e i 35 anni sente continuamente, in Giappone la pressione sociale è più alta semplicemente perché si reputa la realizzazione personale un dovere verso la nazione, ma ovunque è così.

Comunque, la soluzione sembra semplice, per mettere a tacere tutta la pressione sociale potrebbero sposarsi e cercare un lavoro migliore. Ma è davvero la scelta giusta da fare? Scendere a patti con le “convenzioni” e fare qualcosa che risulta semplicemente contro natura? Forse no. E Keiko lo capisce giusto in tempo.

Questo libro non è un inno al “fare ciò che si vuole, nonostante gli altri”, l’ho capito dopo, è la semplice storia di una donna, una donna diversa. Non per forza un esempio dunque, ma un personaggio la cui parabola di evoluzione è piatta come la pianura Padana, eppure reale e vivace. Perché alla fine del libro, anche se con mille turbe psichiche da risolvere, Keiko si percepisce viva ed è questo l’importante. E trovare il proprio posto nel grande meccanismo cosmico non è roba da poco…

voto: 8 (dopo averlo metabolizzato, altrimenti era un 4 scarso)

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