L’isola dei fucili

A volte mi chiedo che effetto farebbe la Venezia di oggi ai grandi viaggiatori veneziani del passato: i Polo, Niccolò de’ Conti, Antonio Bembo. Con chi avrebbero più cose in comune? Con noi italiani del ventunesimo secolo che affidiamo ai migranti qualunque lavoro umile? Coi turisti che arrivano in aereo o su navi da crociera? O con questi ragazzi che rischiano la vita per attraversare il mare come i grandi viaggiatori veneziani del passato?”

L’sola dei fucili è un romanzo del 2019 scritto da Amitav Ghosh e edito da Neri Pozza. Il romanzo si concentra principalmente su un’antica leggenda del Bangladesh, quella di un semplice mercante preso di mira da Manasa Devi (la dea dei serpenti), tuttavia le fondamenta del libro si poggiano su due fra gli argomenti centrali del nostro tempo: i cambiamenti climatici e le migrazioni (e c’è pure la Lega).

Ma andiamo con ordine. Il protagonista, Deen Datta, è un commerciante di libri rari e d’antiquariato; non ha famiglia , è sfortunato in amore e tristemente disilluso. Vive e lavora a Brooklyn ma è nato in Bengala. Il Bangladesh della sua infanzia è una terra di marinai e pescatori, ricca di leggende fantastiche tramandate con sapienza di generazione in generazione. Ogni volta che torna nella sua vecchia casa, Deen ha l’opportunità di riconfrontarsi con quelle origini che gli stanno strette. Lui ha fatto il salto e anche se detesta ammetterlo si ritrova diverse volte a compatire tutti coloro che non l’hanno fatto e vivono miseramente. Durante uno dei suoi viaggi a Calcutta (Kolkata) rimane affascinato dall’incredibile racconto di una lontana zia. L’anziana infatti sostiene si essersi imbattuta negli anni ’70 in un misterioso tempio dalle origini leggendarie.

Sulla leggenda in questione non esistono testi, libri o incisioni (questo per espresso desiderio del mercante di fucili- il protagonista del mito) esistono solo tante versioni orali che ciclicamente tornano in auge. Deen non se lo ricorda ma la leggenda del mercante di fucili già la conosce…

LA LEGGENDA

“Calcutta allora non aveva né abitanti né case

Il gande porto del Bengala era una città del mondo”

Secondo il mito, Bonduki Sadagar era un ricco mercante che aveva fatto infuriare Manasa Devi, la dea dei serpenti e delle creature velenose, rifiutando di diventare un suo devoto. Ha così inizio l’odissea indiana del povero mercante che dopo aver rifiutato la dea viene perseguitato dai serpenti, dalle alluvioni, dalle carestie e da qualsivoglia tipo di calamità naturale. Il mercante decide di fuggire alla dea rifugiandosi su un’isola in cui non ci sono serpenti, chiamata Bonduk-dwip (l’Isola dei fucili). Ma neppure l’isola si rivela un posto sicuro e il mercante viene punto da un animaletto velenoso. Durante la fuga dall’Isola viene rapito dai pirati che lo conducono in un luogo chiamato Shikol-dwip (l’Isola delle catene) dove lo avrebbero venduto. A quel punto la dea gli appare nuovamente e gli dice che se lui le avesse dedicato un tempio in Bengala lei lo avrebbe reso ricco e libero. A quel punto il mercante cede. Torna a casa e costruisce un tempio in nome della dea in un’isoletta delle Sundarban, nelle foreste di mangrovie infestate da tigri e serpenti. Fine (più o meno).

Deen inizialmente cerca di ignorare l’attrazione che prova nei confronti di questo mito ma alla fine cede e decide di partire per le Sundarban alla ricerca del tempio e delle tracce del mercante. Con lui ci saranno Pitu e Rafi due ragazzi del posto che diventeranno molto più che amici. La ricerca dell’antico tempio porta ad una scoperta inaspettata: forse la storia del mercante è una storia vera e gli indizi sono sempre stati davanti agli occhi (anzi alle orecchie) di tutti. Deen si farà aiutare dalla sua vecchia amica Giacinta, una ricercatrice veneziana che sa andare oltre quello che è scientificamente attendibile e aiuterà Deen a fare lo stesso.

Partendo dalle parole pronunciate dal barcaiolo che condusse la zia di Deen al tempio nel 1970 capiranno che il tutto è iniziato tra il 1605 e il 1690, a Dacca e che il mercante non era solo, con lui c’era un capitano di origini ebree di nome Ilyas. Ma sopratutto, pagina dopo pagina, diventerà chiaro che il viaggio alla ricerca del mercante diventerà esso stesso il viaggio del (nuovo) mercante.

Passando per Los Angeles e Venezia, fino ad arrivare in Sicilia dove il giovane Pitu attende su un barcone proveniente dall’Africa di ricongiungersi al suo compagno Rafi.

Amitav Ghosh ha saputo gestire un buon numero di argomenti delicati con sapienza: a partire dai disastri naturali che quotidianamente distruggono il nostro pianeta (e che abbatteranno il famoso tempio prima che Deen possa farci ritorno) fino agli immigrati e ai pericolosi e oscuri traffici che li conducono in mare. Amitav denuncia un presente su cui fingiamo di non avere potere e lo fa nell’unico modo che conosce per farlo: raccontando una storia. Ci porta nella foresta, ci fa incontrare un cobra reale, ci fa unire i puntini lentamente e poco importa se a metà libro è chiaro il disegno generale. La storia di Deen, la storia del mercante di fucili, la storia di Tipu e Rafi sono un bel pretesto per viaggiare, riflettere e imparare tante cose nuove.

Lo potete trovare qui!

edizione: Neri Pozza, ottobre 2019

pagine: 315

voto: 7