Piranesi è il protagonista del nuovo romanzo di Susanne Clarke, uscito a febbraio per Fazi Editore con un super lancio pubblicitario e come ogni super lancio editoriale che si rispetti il pubblico si è diviso in due: chi non vede l’ora di averlo tra le mani e chi non ne può già più di vederlo in giro!
Il gruppo di coloro che lo hanno letto si è a sua volta diviso in due: chi è rimasto deluso perché si aspettava di più e chi lo ha apprezzato sinceramente. Io, ve lo dico già, appartengo al secondo gruppo. Ho amato Piranesi, l’ho trovato incantato, malinconico e perfettamente autoconclusivo. Mi ha ricordato i romanzi minori di Marion Zimmer Bradley che leggevo da ragazzina, ma non solo, mi ha ricordato qualcosa che ancora non sono riuscita a ricordare (avete presente quella sensazione per cui vi sembra di aver già conosciuto qualcosa di simile ma non capite proprio quando e dove?)
Ad ogni modo, Piranesi vive nella Casa, un immensa struttura architettonica abbandonata, piena di corridoi e stanze. Ovunque sono esposte delle bellissime statue di marmo e Piranesi conosce ogni angolo, ogni alcova, ogni salone. Piranesi ama la Casa, sebbene questa sia un disorientante labirinto che riserva molti pericoli tra cui il mare che con le sue burrasche e le sue maree sommerge le stanze e le statue mettendo in pericolo la vita del suo ospite.

Comunque sia, lui è intelligente e ha una “buona memoria”, sa quando deve evitare certi saloni per il rischio maree. Piranesi è un personaggio calmo, delicato e prudente; scandisce il tempo a modo suo, segna ogni cosa sui suoi taccuini neri (cosa fa, cosa mangia, cosa ha visto). Il suo tempo scorre lento tra una ricerca e l’altra, attraversando gli immensi spazi della casa e andando a trovare i morti, tredici scheletri a cui porta offerte e un po’ di cura. Piranesi tiene vivo il loro ricordo sebbene non abbia idea di chi loro siano stati o di come siano morti.
Ogni martedì e venerdì Piranesi smette di essere l’unico abitante della Casa perché si incontra con L’Altro, un enigmatico uomo con cui sta facendodelle ricerche sulla Conoscenza. Il loro è uno strano rapporto ma Piranesi sembra non farci caso. L’Altro si presenta sempre ben vestito, con la barba ordinata e le scarpe nuove. Piranesi invece è uno straccione con le conchiglie intrecciate tra i riccioli scuri e le scarpe squarciate. Ma Piranesi non dubita dell’Altro. Si fida ciecamente di lui.
Questo improvvisamente lo mette in guardia: potrebbe esserci qualcun altro nella casa, qualcuno di malvagio da cui Piranesi non deve assolutamente farsi trovare. Questo nuovo personaggio c’è davvero, Piranesi inizia a ricevere i suoi messaggi e lentamente sebbene l’iniziale prudenza capisce che c’è qualcosa che non torna: perché questa nuova persona lo sta cercando? Chi era prima di essere Piranesi? Che cosa gli sfugge? Perché le risposte dell’Altro sono sempre così confuse e sfuggenti?
In meno di trecento pagine la Clarke tesse i fili intricati di una storia cupa e intensa in cui architettura e psicologia la fanno da padroni. Il personaggio di Piranesi ci racconta i fatti in prima persona e attraverso lui dubitiamo, curiosiamo e temiamo. L’unica pecca di questo testo è che finisce in fretta e l’attrazione che il lettore prova per la Casa viene troncato di netto sul più bello. Volevo restare lì ancora un po’? Sì, assolutamente!
Susanne Clarke però ha diretto con garbo ogni mossa e ha deciso quando era il momento di chiudere il sipario. Non penso sia stata una scelta casuale restare sotto le trecento pagine, anzi trovo sia stata una decisione saggia e ponderata, quasi audace vista la tendenza editoriale per cui i fantasy sono sempre più spessi e annacquati.
Ma a dirla tutta penso che nessuna delle scelte fatte dalla Clarke sia casuale, vi sono i numerosi riferimenti letterari e il nome del suo protagonista, un chiaro riferimento a Giovanni Battista Piranesi, un incisore, architetto e teorico dell’architettura italiano. Le sue tavole eclettiche affondano le loro radici nel rococò, nel neoclassicismo e nell’antica arte romana ma vi è anche una punta di preromanticismo, basti osservare l’inquietudine di alcune sue opere. Ed esagerando si potrebbe anche dire che Piranesi fu un precursore del surrealismo.

La sua presenza drammatica e la sua passione per le rovine e la magnificenza del passato trapelano dalle pagine di questo fantasy fuori dagli schemi. Si tratta di un libro a tratti disorientante, una sorta di puzzle pieno di piccoli tasselli che lentamente vanno ad incastrarsi alla perfezione.
Concludo dicendo che qui la Casa, termine che in letteratura assume spesso il significato di calore e famiglia, diventa piano piano una fredda e desolata prigione di cui Piranesi però non può più fare a meno. Come dice lui stesso più volte La bellezza della Casa è incommensurabile; la sua Gentilezza, infinita.