
“Quando in una famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita, si dice. In realtà la famiglia se la caverà alla grande, come è sempre stato dall’alba dei tempi, mentre sarà lo scrittore a fare una brutta fine nel tentativo disperato di uccidere madri, padri e fratelli, per poi ritrovarseli inesorabilmente vivi.”
Inizia così Niente di Vero, ultimo, sarcastico e dissacrante romanzo di Veronica Raimo. Un’autobiografia senza veli, sincera, così onesta da far rabbrividire. Raimo ripercorre tutta la sua vita, dall’infanzia a oggi, ma senza seguire un ordine cronologico. Salta di qua e di là, attraverso un’indagine sulla propria famiglia e sull’affidabilità dei nostri ricordi.
Apparentemente si tratta di un memoir autoironico ma la verità è che qui dentro non c’è solo l’ironia, che a volte ha più lo scopo di camuffare eventi traumatici, c’è anche lo spietato resoconto di un Italia che cambia. Veronica è solo una bambina quando il 26 dicembre 1986 avviene il disastro di Černobyl’, in seguito al quale la sua famiglia inizia a vivere di cibo in scatola, vietando ai figli qualsiasi attività. Tutto è pericoloso. Tutto, persino uscire in cortile a giocare con i bambini del quartiere o lavarsi tutti i giorni. Ma Raimo ci racconta tutto con un’arguzia vispa e rara. Il suo tono sarcastico non abbandona le pagine nemmeno mentre ci racconta una violenza subita da uno zio in Puglia o da parte di un maniaco un impermeabile.
Niente di Vero comunque m’ha fatto ridere come non mi capitava da un bel po’ con un romanzo. Ho subito amato il tono della protagonista, così schietto e autoironico. Nessuno poteva leggere questo libro bene come Cristina Pellegrino che ha prestato la sua voce per l’audiolibro esclusivo che ho ascoltato su Audible. Magari in questo romanzo non ci sarà niente di vero. Ma c’è tutto di Veronica.
Limpida la voce della protagonista, limpida la voce della lettrice. Limpida la mia opinione su “Niente di Vero”. Mi è piaciuto un sacco. Ma ora devo andare… sì insomma c’è Francesca al telefono (questa è solo per chi lo ha già letto!).
Vi lascio di seguito l’opinione dell’editore e di alcuni celebri lettori.
“La lingua batte dove il dente duole, e il dente che duole alla fin fine è sempre lo stesso. L’unica rivoluzione possibile è smettere di piangerci su. In questo romanzo esilarante e feroce, Veronica Raimo apre una strada nuova. Racconta del sesso, dei legami, delle perdite, del diventare grandi, e nella sua voce buffa, caustica, disincantata esplode il ritratto finalmente sincero e libero di una giovane donna di oggi.
Prendete lo spirito dissacrante che trasforma nevrosi, sesso e disastri famigliari in commedia, da Fleabag al Lamento di Portnoy, aggiungete l’uso spietato che Annie Ernaux fa dei ricordi: avrete la voce di una scrittrice che in Italia ancora non c’era. Veronica Raimo sabota dall’interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero, seminando sassolini indimenticabili sulla strada. All’origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni.”
“Veronica Raimo è l’unica che mi ha fatto ridere ad alta voce con un testo scritto in prosa da quando ero adolescente” (Zerocalcare).
“Leggere questo romanzo è una festa. Ma molte pagine sono ferite da medusa: bruciano alla distanza” (Claudia Durastanti).
“All’inizio c’è la famiglia. Veronica Raimo racconta che, specialmente se si è figlie, quell’inizio combacia con la fine” (Domenico Starnone).